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Mali: gli annunci-civetta

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Abdelhamid-Abou-Zeid

Magari sarà vero ma, finché non arriverà una conferma ufficiale, è meglio dubitare dell’uccisione in battaglia di due pezzi da novanta del narco-terrorismo jihadista come l“emiro” Abu Zeid,  numero due di AQMI, e Mokhtar Belmokhtar, l’ideatore del maxi-sequestro di In Amenas, in Algeria. E questo non tanto per il fatto che entrambi sono stati dati per morti a più riprese, negli ultimi anni, ma perché in questa fase, assai delicata, della Guerra delle Sabbie che si combatte nel nord del Mali, anche gli annunci funebri sono armi: servono infatti a stanare i target ed obbligarli a venire allo scoperto, per le smentite del caso. Non dimentichiamoci che in PakistanAfghanistan, con questa stessa tecnica, gli americani sono riusciti a localizzare e poi a sbarazzarsi di diversi quadri importanti di Al Qaeda. E allora, perché non riprovarci?

D’altra parte, nell’universo jihadista è prassi corrente riconoscere la morte in battaglia di tutti i propri martiri, per osannarne il sacrificio. E finora nessun sito jihadista ha dato la notizia della duplice morte, che arriva infatti da ‘Ndjamena  e non ha trovato conferme né fra le forze francesi presenti nell’area né nei servizi segreti algerini, che con l’AQMI ed i gruppi ad essa legati hanno una lunga frequentazione. Meglio aspettare, dunque, prima di esultare.  

L’unica cosa certa è che in Mali adesso si sta combattendo la guerra vera e non più la sceneggiata delle prime settimane, con le truppe francesi e maliane lanciate ventre a terra alla riconquista delle città del Nord. Adesso si combatte, con morti e feriti da entrambe le parti, sul massiccio degli Ifoghas; e si combatte pure nelle città, a Gao e a Kidal, con auto-bombe. kamikaze e mine. E’ una guerra ovviamente asimettrica, che non può che preoccupare: la dinamica di molti episodi indica infatti che questi gruppi narco-jihadisti possono contare su una solida rete di alleanza, oltre che su una perfetta conoscenza del terreno. Chiudere la partita con loro non sarà un’impresa semplice. E affidarsi alla potenza delle armi può creare false illusioni. Come in tanti si sforzano di dire, la soluzione ai problemi di sicurezza nell’area saheliana è politica, prima ancora che militare. E passa soprattutto dalla volontà di affrontare, una volta per tutte, la questione del Nord, in termini di sviluppo e autonomia.

 

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